sabato 19 luglio 2008
La spiritualità di Caravaggio
Arte, Filosofia e Discriminazione
Nel Rinascimento Arte e Filosofia rappresentano due modi diversi, opposti ma convergenti, di una medesima ricerca spirituale che si intreccia in particolare su tre temi: la consapevolezza di ciò che è Reale, la comprensione della Verità e l'esperienza della Bellezza quale strumento di salvezza dell'anima e di redenzione dell'io. Mentre l'artista è ispirato dalla bellezza delle parole dei filosofi greci, latini e contemporanei, il filosofo, procedendo per intuizione, percepisce nelle immagini dell'arte il riflesso di una verità trascendente che si trasmette attraverso il "lumen", unità di misura della vibrazione, dell'intensità e della brillantezza della luce. Artista e filosofo si trovano così a salire la stessa "ruota" da due parti opposte, ma convergenti verso la sommità in cui domina l'Angelo della Discriminazione (la XXII lama dei tarocchi)
Il cristianesimo pagano
Verso la metà del Quattrocento la riflessione filosofica e artistica si concentra in particolare sulle divergenze esistenti tra il Cristianesimo ortodosso e quello cattolico, tra il Cristianesimo delle origini e l'influsso spirituale proveniente dai testi alessandrini del I° secolo d. C. che sintetizza elementi spirituali di matrice egiziana, caldea e persiana. Marsilio Ficino opera una sintesi suggestiva di tutte le fonti letterarie provenienti da Costantinopoli che si rivela proficua per introdurre nella cultura antichiericale del suo tempo una concezione "pagana" del Cristianesimo, completamente in antitesi con il dogmatismo cattolico.
Il Cristianesimo pagano potrebbe essere oggi definito come radicale espressione laica, pragmatica e realista della volontà finalizzata al raggiungimento della felicità sulla terra. Il paganesimo di Ficino si configura come una forma evoluta di sincretismo che mira a una redenzione priva di fede, e cioè priva di un sistema teologico o un sostrato religioso di riferimento. Inteso come pura espressione dell'intelletto dell'anima libera da vincoli fideistici, da sensi di colpa o dal timore di subire punizioni ultraterrene, il cristianesimo pagano non ha bisogno di eleggere un papa, di fondare chiese o di formulare una dottrina universale.
Il cristianesimo gnostico
Tale convinzione si rafforza verso il 1330 quando l'esperienza di Francesco d'Assisi dimostra diffusamente la possibilità di rivivere l'esperienza corporea della croce, della morte mistica e della ressurrezione della carne finalmente libera dalla libido, dimostrando che la vicenda descritta dal Vangelo è solamente una tappa di transizione verso una più completa e realistica esperienza di pace e felicità sulla terra. E' nel contesto della visione personale di Dio, percepito in stati di profonda meditazione, contemplazione e assorbimento di sé nella pratica quotidiana, che si fa strada la convinzione che il Cristianesimo sia a tutti gli effetti la "realizzazione" del "divino interiore" attuata attraverso l'applicazione personale di un "metodo", ovvero del "cammino di salvezza".
Che poi il "methodos", già praticato in forma liturgica nel cristanesimo ortodosso, diventi "technè", è un pericolo a cui non sfugge nessuna religione. Anche il paganesino di ispirazione cristiana che si diffonde in tutta Europa attraverso i Catari, gli Albigiesi e molte altre sette poi 'sterminate" dallla Santa Inquisizione, non può non degenerare nel ritualismo magico e nella superstizione quando ricerca forme di realizzazione collettive e sociali, ma il vero Cristianesimo, quello della Gnosi individuale, così come la liturgia autentica, sono molto lontani da tali esagerazioni.
Il Cristianesimo gnostico propone infatti un'idea di salvezza diversa da ogni tipo di religione. La salvezza non è una astrazione, ma un atto molto reale, mediante il quale l'uomo raggiunge la sua pienezza, l'Assoluto. La salvezza richiede la realizzazione di una "Grande Opera" in cui non si vuole perdere nulla di ciò che è propriamente umano (istinto, desiderio, volontà), né lasciare nulla senza integrare (materia nello spirito e spirito nella materia). L'azione salvifica diventa "culto dell'azione" istintiva, psichica, mentale e creativa, per cui decidere di agire, o di non agire diventa un atto di integrazione di tutto il nostro essere per farlo giungere alla meta.
Il Cristianesimo gnostico si configura quindi come un processo di materializzazione (di incarnazione) della "psiche, mente, coscienza, intelletto" (il Figlio) all'interno del cervello (il Padre), inteso come sostrato biologico in cui tutto ciò può avvenire. Fino a qui nulla di strano, se si pensa agli sforzi con cui un individuo giunge a padroneggiare con i pensieri la propria coscienza e a disporre del proprio intelletto. Ma la grandezza del cristianesimo sta proprio nella rivelazione della presenza di un altro elemento che è l'origine e la fine della Trinità. Infatti non può esserci salvezza attraverso gli atti del semplice intelletto o della semplice volontà, perché non si tratta solo di salvare la volontà o l'intelletto, né tantomeno l'anima, bensì l'uomo intero e tutto il cosmo.
Ai tempi di Caravaggio circolava un detto: "Solo un Dio può adorare un Dio", a significare che il "Figlio" doveva diventare della stessa sostanza del "Padre" attraverso la trasfigurazione del corpo dell'adorante. L'atto di trasfigurazione del corpo rappresenta, in sintesi, il "cammino della salvezza" del cristianesimo gnostico, impossibile da realizzare con l'intelletto razionalizzatore, speculativo, erudito o per mezzo della volontà sostenuta dalla "libido" di evolvere nella coscienza spirituale. La trasfigurazione del corpo non è un progetto consapevole, ma diventa un processo "automatico e inarrestabile" nel momento in cui la "volontà dell'ego" cede il passo alla "volontà dell'anima" (la Vergine dell'Annunciazione) di essere fecondata dallo Spirito Santo, ovvero dalla "Luce" (il "lumen" di Leonardo) proiettata dalle parole, dalle immagini e dai gesti che contengo i "semi" della "Trinità terrestre" (Realtà, Verità e Bellezza), riflesso di una "Trinità celeste" presente all'interno della molecole d'aria (1/5 di ossigeno, 4/5 di nitrogeno e "collante")
La comprensione del "mistero della Trinità" sarebbe sufficiente a far vacillare qualsiasi dogma papalino, poiché la sua rivelazione metterebbe fine ai principi dell'interpretazione cattolica della figura di Cristo. Non può esserci infatti nessuna salvezza in nome di Cristo se l'individuo non realizza concretamente la "trasfigurazione" della Materia all'interno del corpo. E' a questo punto del "methodos" che è indispensabile comprendere il ruolo salvifico della Vergine, simbolo dell'energia mentale in grado di sostenere le azioni del figlio (l'Io) nella sua evoluzione attraverso la consapevolezza, comprensione e conoscenza di sé, fino alla sua irrinunciabile dissoluzione nelle tre croci del Calvario (la sommità del cervello). Non ci può essere evoluzione nel "culto dell'Azione" se l'energia ristagna nel fondo psichico subconscio, se si diletta nella ricerca dei piaceri sensoriali e se permane in uno stato embrionale, posizionata al di sotto dell'ombelico.
Praticato in questa diversa ottica, il cristianesimo smette di essere gnosi e diventa viva intuizione filosofica che il mondo, attraverso la mediazione di Maria, è già stato vinto. Il cristianesimo di Agostino, di Meister Eckhart e infine dei monaci cirstercensi, cultori dell'alchimia araba, intuisce che Maria Mediatrice, Regina di Salvezza, è il fulcro di ogni azione, poiché raprresenta la "Potenza" in grado sostenere la trasformazione interiore. La trasfigurazione della Prima Materia (istinti, pulsioni, libido e volontà egocentrica) nel "Corpo di Cristo" avviene in Quattro Atti opponendo, una dopo l'altra, le Potenze femminili ai consueti e prevedibili "rituali" celebrati dall'azione maschile.
La spiritualità caravaggesca
Al termine dei Quattro Atti di "culto", l'azione fisica cede il posto alla percezione, l'azione psichica alla riflessione, l'azione mentale alla contemplazione e l'azione creativa alla meditazione. Gli effetti di questa sostanziale trasfigurazione "somatica" nel "corpo di Cristo" (chiamato "soma" da San Paolo) si riflettono in una diversa considerazione delle finalità esistenziali. Il fine dell'uomo non sta nel futuro, ma nel presente ed è penetrando nel presente ("Maria" perfora i i nodi del cuore e li scioglie uno ad uno) che si raggiunge il nucleo sempiterno dell'essere umano (il cuore di Cristo). Non si giunge alla perfezione per accumulo, ma per semplificazione; la vera scienza (sapienza) non si conquista conoscendo molte cose ma dimenticandole; la felicità non riposa nel possesso ma nell'essere posseduto (dall'energia spirituale), non nell'amare ma nell'essere amato (da Dio, sintesi di corpo, cuore e cervello).
Il cristianesimo di Caravaggio non è concentrato tanto nell'inquietitudine del cuore o nella ricerca di Dio quanto nell'incontro con lui che avviene per mezzo di una azione di "culto" creativa: l'Arte. Non si tratta di giungere fino a lui, ma di scoprirlo dentro di sé. L'ultimo fondamento della sua gnosi consiste nel riposo pieno e totale nell'Essere (il Cristo di Emmaus), attribuendo un ruolo secondario al coacervo delle volizioni e dei pensieri. Rimanere assorbito nel proprio atto creativo per lungo tempo conduce Caravaggio a percepire le verità del Cristianesimo autentico, quello che guarda in faccia la Realtà, che indaga sulle verità occultate dal potere, che assimila e rigenera bellezza, giorno dopo giorno, come nel respiro.
In secondo luogo la redenzione caravaggesca non si ferma qui, va ben oltre: una volta abbandonatosi all'Essere, abbandona lo stesso Essere e rinuncia a lui (il Karma), perché altrimenti non sarebbe possibile realizzare l'unione assoluta con la "Trinità celeste", fonte di ispirazione creativa e garanzia di liberta. In questo ultimo atto di separazione dal proprio carattere, dall'identità del nome, dall'individualità dei sentimenti e dalla personalità sociale si compie il trapasso a una nuova vita. La coscienza individuale si allontana dal corpo ed "esplode" nell'etere in quanto testimonianza della realizzazione. Una stella si accende nel firmamento. Caravaggio
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